Buon Anno!

In questa fine e inizio d’anno, molti aspetteranno il 2025 in compagnia sperando che possa essere migliore di quello appena trascorso. Altri, invece, non lo aspetteranno e lo vivranno come un giorno qualsiasi. Cari amici, stiamo attenti a non pensare e vivere il tempo come l’occasione di Dio di premiarci o punirci, non c’è da attendere un anno migliore, non ci sono anni migliore da aspettare.

Il prologo del Vangelo di Giovanni ci annuncia che Dio viene, c’è, ma i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio. Possiamo giudicare la nostra vita da molti punti di vista: dai successi lavorativi, dalle relazioni che abbiamo intessuto, dalle esperienze positive che abbiamo fatto. Credo ci sia un altro punto di vista, dal di dentro la vita, dal punto di vista di Dio. Una vita non si giudica dai risultati concreti ma dal desiderio di amare.

Saremo giudicati sull’amore, sulla capacità concreta di porre dei gesti di comunione, di benevolenza, di perdono, l’amore concreto, quello che riusciamo a dare attraverso e nonostante i nostri limiti. Giovanni all’inizio del suo Vangelo capisce che quel Gesù che hanno amato e seguito, che hanno visto morire e risorgere, è più di un profeta, è più del Messia, è la presenza stessa di Dio. È il Verbo che splende nelle tenebre e che le tenebre non sono in grado di vincere.

Cari amici, il nostro mondo, ma anche la nostra comunità, viene da anni complicati; a distanza d’anni la pandemia ha segnato uno spartiacque. È così facile lamentarsi, accusare, dare colpe e trovare colpevoli. Ma io vi voglio dire che è Gesù la luce che rischiara, lui può riempire di vita i nostri giorni e condurci verso la vita che non ha fine. Il lamento, l’accusa, non ci permettono di vedere con questa luce.

Questo fine e inizio d’anno non sono tempo per fare bilanci né di stilare pagelle. È invece un’occasione per ringraziare Dio e consegnare tutto nelle sue mani, anche quello che è stato faticoso, quello che è stato fatto diverso da come lo volevo io, anche i fallimenti miei e degli altri, ora li mettiamo qui e diciamo grazie. Progetti e preoccupazioni, desideri e paure accompagnano i nostri giorni, è Dio che libera da questa prigione di paure. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.

Rivolgo il mio invito a tutti voi, non confondiamo la presenza di Dio con i segni di successo apparenti a cui ci abitua il mondo.

Sono un problema le chiese sempre più vuote? Sì. Però mi chiedo: ma non è che questa ricerca di successo nei numeri, il contarci in ogni messa e incontro che facciamo, ci sta affaticando così tanto che non riusciamo più a essere contenti e ringraziare durante la messa così da essere appassionati cercatori, pescatori di uomini e donne?

Sono un problema le tante famiglie che vivono l’amore in modo diverso da come era una volta o faticano a viverlo? Sì. Però mi chiedo: ma non è che questo ci affatica e ci chiude, ci fa puntare il dito, ci fa arrabbiare cercando di chi è la colpa, chi ha sbagliato, impendendo così a noi di essere testimoni di amore?

Sono un problema gli incontri nei quali siamo sempre i soliti? Sì. Però mi chiedo: questo non ci condiziona nel desiderio di mollarci, di tirarci indietro perché tocca agli altri finendo quindi per pensare anche noi che in fondo debbano essere gli altri piuttosto che noi ad esserci?

È un problema che non si riesca più a fare quanto di bello c’era in passato? Sì. Però mi chiedo: questo ci deprime nella convinzione che non si possa fare più niente, ma facendo così elude la necessità di un discernimento di una purificazione nel chiederci il perché facciamo certe cose?

La nostra è una comunità che cambia, in meglio? In peggio? Non penso sia questo il momento di fare bilanci, ma piuttosto di ringraziare. San Giovanni nella sua lettera arriva ad affermare che la storia degli uomini merita di essere compresa e vissuta come un tempo ormai ultimo. Non nel senso che sia imminente il ritorno di Cristo, come hanno ingenuamente pensato alcuni dei primi cristiani, ma nel senso che la storia può essere accolta come un tempo pieno, mancante di nulla. Apparendo nella fragilità della nostra carne umana, il Signore Gesù non si è esposto solo all’accoglienza e al riconoscimento, ma anche all’indifferenza e al rifiuto. Proprio dopo la venuta di Cristo, l’umanità è chiamata ad affrontare il problema dell’anticristo. Da duemila anni, infatti, “poteri” diversi da quello della croce cercano di influenzare la storia e di manipolare le sue trasformazioni. Da duemila anni è sempre stato così, nell’avventura grande e impegnativa di amare senza malizia e ingenuità questo mondo concreto che abbiamo tra le mani.

Chiediamoci in che modo abbiamo saputo usare del tempo ricevuto e della libertà mai a noi revocata.

Auguri che questo anno di Giubileo sia davvero un anno di speranza. Dove c’è la rassegnazione, fatalismo e disperazione si accenda una piccola luce di speranza. Il nostro Signore è venuto per questo, per farci vedere l’amore, il suo amore, che accende la speranza. Che possiamo tutti noi vivere il Giubileo e dare anche un po’ di Giubileo agli altri.

Buon Anno

d. Paolo