E’ Pasqua

La Pasqua ci apre a una grande missione, far sì che non sia un evento del passato. Nietzsche diceva: che non è vero che Cristo è risorto, altrimenti i cristiani avrebbero un’altra faccia. Credere nella risurrezione non vuol dire credere che duemila anni fa il Signore è risorto, ma vuol dire avere incontrato il risorto, partecipare della sua vita e della sua gioia. E anche la fatica che c’è nella storia, la sofferenza di questo periodo difficile, la provvisorietà del futuro, tutto questo travaglio è per luogo dove nasce in noi Cristo. Il segno che Cristo è risorto, il segno che l’abbiamo incontrato è la gioia, la gioia che trasforma la vita.

Per questi auguri di Pasqua teniamo vicino a noi il racconto della Risurrezione così come ne parla il vangelo di Matteo, quello che avremmo dovuto condividere nella Veglia Pasquale che quest’anno non abbiamo potuto fare. L’esperienza della resurrezione in Matteo è la vita fraterna, la comunità dove si vive l’amore del Figlio, è l’incontro col Figlio perché diventi figlio tu stesso.

La prima esperienza nella quale ci troviamo tutti è delle donne amano il Signore, desiderano vederlo, aspettano che passi il sabato e vanno a vedere la tomba; è la certezza che tutti abbiamo: andare a vedere la tomba. Qui si usa la parola in greco tomba: tafos che vuol dire il vuoto, non l’altra parola sepolcro che vuol dire memoria. Andiamo tutti a vedere questo vuoto perché tutti pensiamo di finire in questo vuoto.

Ora questa è sì la tomba di Gesù, ma è quella che c’è in ciascuno di noi, cioè quella memoria di morte, quella sicurezza che ogni uomo ha di finire lì. E cosa fa l’angelo? È Dio che comunica la sua Parola. Rotola via la pietra che ci tiene nel vuoto, ci fa uscire alla luce e sopra quella pietra, ormai vincitore. È l’esperienza che ciascuno di noi fa attraverso la Parola; che si apre il sepolcro del nostro cuore e invece della tenebre del vuoto che c’è dentro, c’è una pienezza di luce e di vita che sarà il Signore stesso risorto.

Venite, vedete il luogo dove giaceva. È importante confrontarsi con quel luogo, perché si ha paura ad andare, si ha sempre paura che ci sia dentro il cadavere; non c’è più: venite, vedete. Cioè non dobbiamo più pensare alla morte come qualcosa di tragico che è la fine di tutto, come il corpo di Gesù crocifisso che va nel sepolcro: no, non è più lì.

Queste donne per incontrare il Signore risorto sono mandate dai fratelli, dalle sorelle, dagli altri; è andando verso l’altro che incontro l’altro; è andando verso i vivi che incontro il vivente. Andando verso l’altro proprio con questo messaggio del Signore risorto.

Mentre hanno gioia perché hanno creduto alla Parola e vanno verso i fratelli ecco che lo incontrano, tenendo insieme la fede, la gioia e i fratelli. La fede nella Parola ti dà la gioia, perché ha tolto la pietra dal sepolcro che mi chiude in me stesso e mi manda, mi espelle verso i fratelli; e qui c’è l’incontro pieno col Signore, il quale conferma e dice: rallegratevi, gioite. Alla fine è il grande comando di Dio: cosa vuole Dio da noi? Che siamo contenti.

Di nuovo le invia ad annunciare ai fratelli della Galilea. È il luogo della vita quotidiana da dove è partito il messaggio, da dove ci sono stati i primi apostoli, dove Gesù ha vissuto per trent’anni; è la nostra vita quotidiana. È lì che lo vedremo facendo il percorso delle donne: ascoltando la Parola, quella Parola che libera, toglie la pietra del sepolcro che è il nostro cuore; che ci mette dentro la luce del risorto dandoci la fiducia, dandoci la gioia; inviandoci ai fratelli nella Galilea, nella vita quotidiana, lì tutti incontriamo il risorto. E cosa farà il risorto? Ti dice: Molto bene, rallegrati! Va verso i fratelli e mi vedrai di più. E avanti senza fine, cioè più amo il fratello, più vedo il Figlio e più lo incontro.

Buona Pasqua.

don Paolo